L’annosa questione degli oneri di sicurezza aziendale: l’esclusione per mancata indicazione nell’offerta economica e la quantificazione degli oneri pari a “zero”

Amministrativo e appalti​

Gli oneri aziendali per la sicurezza rappresentano una delle voci di cui deve comporsi l’offerta economica dell’operatore che decida di partecipare ad una gara d’appalto.

Nello specifico sono gli oneri derivanti dai rischi connessi all’attività propria dell’appaltatore qualificabili anche come costi di sicurezza aziendale (es. costi sostenuti per dotare i lavoratori di dispositivi di protezione individuale, per svolgere formazione in materia di sicurezza, per le visite mediche e in generale per attuare sia le misure per la gestione del rischio dell’operatore economico che quelle di tipo operativo per rischi legati alle specifiche prestazioni contrattuali). Si tratta di oneri generalmente ricompresi nelle spese generali che ogni operatore economico sostiene nell’ambito della propria attività e variano da un operatore all’altro, essendo influenzati dalla singola organizzazione produttiva e dal tipo di offerta formulata.

In passato, l’art. 87, co. 4 d. lgs. 163/2006 prevedeva che “nella valutazione dell’anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza che devono essere specificatamente indicati nell’offerta e risultare congrui rispetto all’entità e alle caratteristiche dei servizi e delle forniture”. Sebbene la norma imponesse l’obbligo di indicazione di tali oneri nell’offerta, la giurisprudenza si interrogava su quali fossero gli effetti della loro mancata indicazione, tanto che sul punto è intervenuto – più di una volta – il Consiglio di Stato riunito in Plenaria.

Nel 2015 l’Adunanza Plenaria affermò che l’omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali comportava l’esclusione dell’offerente dalla gara, e ciò anche se tale esclusione non era espressamente prevista negli atti di gara, chiarendo l’inutilizzabilità, in questo caso, dell’integrazione a mezzo del soccorso istruttorio. In buona sostanza il Consiglio di Stato escludeva la sanabilità con il soccorso istruttorio dell’omessa indicazione di tali oneri ritenendo intollerabile ed inammissibile un’integrazione postuma di un elemento essenziale dell’offerta.

Contestualmente alla pronuncia della Plenaria, si pronunciava tuttavia la Corte di Giustizia Europea (2015) che, sebbene fosse stata adita per una questione diversa, nella sua sentenza aveva espresso delle considerazioni e dei principi applicabili ed utilizzabili alla fattispecie sottoposta al Consiglio di Stato. In particolare, secondo la Corte Europea, conformemente ai principi di trasparenza e parità di trattamento tra gli offerenti, tutti gli obblighi ed i vincoli posti a loro carico devono essere definiti in anticipo e resi pubblici affinché possano essere conosciuti da tutti gli operatori prima della presentazione delle offerte. L’estrinsecazione di tale assunto faceva evidentemente sorgere molti dubbi sulla legittimità dell’esclusione degli offerenti che non avessero indicato gli oneri della sicurezza – affermata dall’Adunanza Plenaria 2015 – quando i bandi di gara non specificavano che gli stessi dovevano essere indicati a pena di esclusione dalla gara.

Per tale motivo sulla questione fu chiamata ad esprimersi nuovamente l’Adunanza Plenaria che nel 2016 rilevò la contrarietà ai principi euro-unitari di tutela dell’affidamento, di certezza del diritto, di trasparenza, di par condicio e di proporzionalità, della previsione di una esclusione dell’offerente senza la possibilità di accedere al soccorso istruttorio per mancata indicazione degli oneri di sicurezza quando nel bando di gara mancava una specifica indicazione in tal senso. In buona sostanza, recependo la pronuncia del giudice europeo il Consiglio di Stato modificava il suo precedente orientamento.

Questo è il quadro giurisprudenziale su cui si è posto l’art. 95, co. 10 del d.lgs. 50/2016 (Nuovo Codice dei Contratti Pubblici), il quale chiarisce che i concorrenti devono indicare nell’offerta economica gli oneri di sicurezza aziendali, introducendo in maniera esplicita che ciò dev’essere fatto a pena di esclusione dei concorrenti ma senza possibilità di accedere al soccorso istruttorio.
La novità rispetto al passato è la chiara imposizione dell’obbligo di indicazione a pena di esclusione, con l’esplicitazione del fatto che il soccorso istruttorio non può essere utilizzato in caso di incompletezze o irregolarità afferenti all’offerta economica.

Nonostante l’intervento normativo il contrasto giurisprudenziale su tale articolo è destinato a non fermarsi, in quanto, recentemente, la giurisprudenza si è chiesta se sia legittimo per l’operatore economico indicare in sede di offerta economica oneri di sicurezza aziendale pari a “zero”. In particolare, i Tribunali Amministrativi italiani, il Consiglio di Stato e l’Autorità Garante (Anac), hanno aperto un dibattito sul fatto se l’indicazione degli oneri pari a zero possa essere ritenuta o meno una pratica elusiva dell’obbligo di cui all’art. 95, co. 10, comportando quindi l’esclusione dell’offerente dalla gara.

L’ultima pronuncia sulla questione è quella del TAR Campania che con la sentenza n. 2686 del 26 aprile 2021, ha confermato che l’indicazione degli oneri di sicurezza aziendali pari a zero non può essere assimilata alla totale omissione di tale adempimento e quindi non costituisce una violazione insanabile dell’art. 95, co. 10. A parere del Tribunale campano l’indicazione degli oneri pari a zero non può essere equiparata all’omissione insanabile di un requisito dell’offerta economica espressamente previsto in quanto, seppur il valore sia uguale a zero, l’offerente rivela di aver compiuto una specifica e concreta valutazione economica dell’incidenza che tali oneri hanno avuto sulla sua offerta e pertanto non è suscettibile di esclusione. Aggiungono infatti i giudici amministrativi che “la situazione del concorrente che si esime dall’emarginare nella propria offerta economica la cifra dei costi della sicurezza, è diversa da quella del concorrente che, in base alla sua politica imprenditoriale e alla personale organizzazione dei fattori produttivi, dichiara, per le ragioni più varie, di non dover sostenere alcun costo diretto in termini di sicurezza in relazione ad un determinato appalto. L’indicazione di costi della sicurezza pari a zero sottintende una specifica valutazione, da parte dell’impresa offerente, in ordine agli effetti economici dell’applicazione delle regole di sicurezza nello svolgimento concreto del servizio, ascrivibile alla consapevole volontà di determinarli in tale misura, sulla base dell’assunto che, in ragione di particolari circostanze relative alla tipologia di appalto e/o alle modalità con le quali si ritenga di fare fronte ai costi predetti, l’indicato azzeramento corrisponda all’effettiva incidenza degli stessi sull’offerta economica. Ne deriva che ogni questione di verifica del rispetto dei doveri inerenti alla salute e alla sicurezza sul lavoro è destinata a spostarsi dal versante dichiarativo a quello sostanziale, concernente la congruità di una simile quantificazione”.

La pronuncia in parola si colloca nel solco di un indirizzo giurisprudenziale certamente maggioritario ma non del tutto pacifico.
A contrario, infatti, si era espresso nel recentissimo 2019 il TAR Molise affermando che l’indicazione in sede di offerta degli oneri di sicurezza aziendale e dei costi della manodopera ex art. 95, co.10 è un elemento essenziale dell’offerta la cui omissione non è sanabile tramite soccorso istruttorio tranne che nel caso in cui sia lo stesso bando ad indurre in errore il concorrente; pertanto l’indicazione di tali oneri in offerta pari a zero si traduce in una mancata indicazione degli stessi, privando così l’offerta di un elemento essenziale la cui carenza è insanabile e comporta l’esclusione del concorrente.

Nello stesso senso l’Anac, con delibera n. 710 del 4 agosto 2020, confermando quanto rilevato dal TAR Molise, rilevava che la dichiarazione degli oneri per la sicurezza aziendale pari a zero “ha natura meramente apparente, dal momento che, nella sostanza, essa si risolve nella negazione dell’obbligo che grava sull’impresa rispetto alla ostensione dei costi in questione e nella elusione delle esigenze di tutela sottese all’articolo 95, co. 10, del d.lgs. n. 50/2016. Infatti, sebbene l’importo dei costi della sicurezza sia irrisorio rispetto all’ammontare complessivo dell’offerta, un’indicazione di quest’ultimi pari a zero si traduce in una formulazione dell’offerta priva di un elemento essenziale per la sua valutazione, ossia la concreta indicazione dei costi per la sicurezza, che risulta, quindi, essere stata omessa, legittimandone l’esclusione”.

Sulla questione, peraltro, nel 2016 era già intervenuto il supremo giudice amministrativo fornendo la linea guida principale ove, con la sentenza n. 1481 del 14 aprile, affermava che “un’indicazione di quest’ultimi pari a zero si traduce nella formulazione dell’offerta stessa come priva di un elemento essenziale per la sua valutazione, ossia la concreta indicazione dei costi per la sicurezza, che risulta, quindi, essere stata omessa”.

Nel 2020, ancora una volta il Consiglio di Stato ha mutato però il proprio orientamento, e con la sentenza n. 4431 del 10 luglio – il cui contenuto viene ribadito dal più recente TAR Campania – ha rilevato la non escludibilità del concorrente che indica “zero” come valore degli oneri per la sicurezza aziendali perché la dichiarazione di non dover sostenere questi oneri per lo svolgimento delle attività oggetto dell’appalto non equivale ad una loro mancata indicazione, visto che il codice non impone di quantificare detti oneri in una misura minima, perciò l’obbligo di indicare i costi di sicurezza aziendale può ritenersi adempiuto qualunque sia l’importo a tale titolo indicato. Aggiungono inoltre i supremi giudici amministrativi che in ogni caso resta l’obbligo per la stazione appaltante di accertare la congruità di quanto dichiarato in merito agli oneri della sicurezza dal concorrente in gara, ma tale controllo, inerendo ai doveri concernenti la salute e sicurezza sul lavoro, rientrano nella valutazione dell’anomalia dell’offerta e della conseguente sostenibilità della stessa. La valutazione finale spetta quindi alla stazione appaltante che nel suo controllo di merito deve valutare la congruità del contenuto dell’offerta economica.

L’alternanza di sentenze e differenti orientamenti giurisprudenziali sulla questione rende evidente l’incertezza che governa tale materia; la difficoltà sorge, in prevalenza, dall’impossibilità di fornire un’interpretazione univoca della norma che come spesso capita omette la disciplina di fattispecie emergenti nella realtà del mercato. In compenso la giurisprudenza, seppur con un andamento non sempre coerente, tenta di colmare le lacune legislative nell’attesa di un auspicabile intervento mediante un Regolamento attuativo del Codice Appalti che dirima definitivamente tali questioni.