La sostenibilità aziendale come investimento strategico

Lavoro e previdenza​

Nel nostro percorso alla scoperta della sostenibilità come nuova dimensione decisiva dell’azienda, abbiamo già avuto modo di sottolineare che non si tratta più di un discorso relegato alle scelte etiche o di marketing.

Al contrario, quando parliamo di sostenibilità facciamo riferimento alla gestione del rischio e alla creazione di valore nella nostra impresa.

La prima domanda da porsi, in questi termini, è quando e come la sostenibilità – come strategia aziendale – può diventare un’opportunità d’investimento.

Dal punto di vista imprenditoriale, occorre quindi anzitutto domandarsi se la conversione al successo sostenibile sia profittevole o, al contrario, costosa; o, meglio ancora, se vi sia un punto d’equilibrio che la rende conveniente.

Va dato atto che la risposta concreta richiede una valutazione taylor made.

Infatti, dagli studi non emerge una correlazione diretta tra criteri ESG e accrescimento dei profitti immediato o nel breve termine.

Se alcune analisi lo sostengono e altre sottolineano invece la prevalenza dei costi, la maggior parte degli studi rileva invece una tendenziale indifferenza sui profitti della conversione a CSR e SRI: indifferenza nel senso che non v’è un trend uniforme, ma la performance varia da azienda ad azienda.

La sostenibilità impatta sulla performance aziendale perché:

– influenza il conto economico, sia a livello di costi (costi di gestione addizionali, marketing, ecc.) che a livello di ricavi (incremento delle vendite, maggiori margini, ecc.);

– influenza lo stato patrimoniale, per via dei maggiori investimenti in asset indirizzati all’aumento della sostenibilità aziendale (ade es.: riduzione emissioni, certificazioni ISO, miglioramento delle condizioni dell’ambiente di lavoro, ecc.).

Due spunti di riflessione mi paiono importanti:

1. a partire dalla crisi del 2008, e ancora oggi, si è appalesata una selezione naturale in favore delle aziende che sono riuscite a dimostrarsi più solide sul fronte finanziario e del vantaggio competitivo;

2. negli ultimi anni s’è verificata un’accelerazione di questa selezione, mediante l’introduzione di nuove norme che: a) favoriscono e incentivano le aziende sostenibili; e, b) convergono verso una responsabilità giuridica ed economica delle aziende non sostenibili (e dei loro amministratori)

Due sono anche gli snodi che possono risultare determinanti nella strategia dell’azienda:

1. cominciare a ragionare sul lungo termine, in preparazione alle sfide del futuro prossimo;

2. passare dall’ottica incentrata esclusivamente sugli shareholders alla c.d. stakeholders strategy.

In questo modo la gestione dei rischi si fa più concreta ed efficace, ponendo delle garanzie a lungo termine in favore degli interessi degli stakeholders e del valore dell’azienda.

Infine, due sono anche le basi su cui costruire la strategia di consolidamento dell’attività:

1. il fronte finanziario: che coinvolge tanto gli sgravi contributivi quanto gli incentivi fiscali (si pensi, ad esempio, al gender gap o e al PNRR); ma che si gioca soprattutto sull’attrazione di capitale (investitori; mercato finanziario, che ha già iniziato il trend di premiare e incentivare gli investimenti nelle aziende sostenibili, già obbligatorio sul mercato azionario) e sul minor costo del capitale (le banche premieranno sempre di più il credito in favore delle aziende sostenibili, perché garantiscono un maggior valore a lungo termine);

2. il vantaggio competitivo: con riguardo tanto alla maggiore solidità sul piano finanziario; quanto alla fidelizzazione degli stakeholders (non solo soci e investitori; ma dipendenti e clienti: si attrae e trattiene la professionalità dei primi, e si conquista la fiducia dei secondi, secondo gli studi sempre più propensi a pagare di più per prodotti e servizi sostenibili e di aziende sostenibili).

Nel prossimo intervento parleremo dei tre passaggi fondamentali per valutare, ed eventualmente implementare, una strategia sostenibile vincente.