La disciplina delle cripto-attività dopo la legge di bilancio 2023

Tributario​

Come viene ricordato nel Dossier dei Servizi Studi di Camera e Senato, le cripto-attività sono rappresentazioni digitali di valore e di diritti, la cui diffusione è avvenuta in parallelo ad una nuova tecnologia c.d. di “registro distribuito” di informazioni digitali (“Distributed Ledgers Technology”), la cui principale applicazione è costituita dalla blockchain.

A tal proposito, è opportuno, altresì, evidenziare che nella primavera 2023 entrerà in vigore il Regolamento comunitario relativo ai mercati di cripto-attività (Markets in Crypto-Assets Regulation, MiCAR) con cui l’Unione europea sarà tra le prime giurisdizioni al mondo a dotarsi di un quadro organico di norme tese a regolare il comparto.

L’inquadramento delle criptovalute ai fini impositivi

Il legislatore nazionale finora ha definito le valute virtuali soltanto in materia di antiriciclaggio: l’art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 90/2017, le identifica come “la rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.

Successivamente, in data 13 gennaio 2022, è stato varato dal MEF il decreto sulle criptovalute, il quale prevede (per tutte le persone fisiche e giuridiche che prestano servizi in materia di valuta virtuale) l’iscrizione nella sezione speciale del Registro dell’OAM – Organismo Agenti e Mediatori – con la finalità di rendere maggiormente chiare queste operazioni.

Si evidenzia che rientrano nell’ambito di applicazione delle nuove disposizioni i servizi aventi ad oggetto l’offerta di criptovalute a terzi, a titolo professionale, con esclusione dell’attività di mera emissione in proprio di valute virtuali.

Si specifica, inoltre, che l’art. 3, comma 2, del richiamato decreto consente l’iscrizione nella sezione speciale ai soli operatori in possesso dei requisiti previsti all’art. 17-bis, comma 2, D.Lgs. n. 141/2010 che sono (per i soggetti diversi dalle persone fisiche) “sede legale e amministrativa o, per i soggetti comunitari, stabile organizzazione nel territorio della Repubblica”.

Con riguardo ai profili fiscali legati a queste operazioni, mancando una normativa specifica per il corretto inquadramento, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni primi chiarimenti nella risoluzione n. 72/E del 2 settembre 2016 che delinea alcune problematiche tributarie inerenti alle criptovalute. Tale documento di prassi riprende quanto ritenuto ai fini IVA dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza del 22 ottobre 2015, C-264/14. In particolare, tale pronuncia stabiliva che:

  • l’attività di commercializzazione di bitcoin deve essere qualificata quale prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso;
  • le prestazioni in esame, pur riguardando operazioni relative a valute non tradizionali, costituiscono operazioni finanziarie in quanto accettate dalle parti di una transazione quale mezzo di pagamento.

L’Agenzia delle Entrate, dunque, sulla base dei principi stabiliti dalla Corte di Giustizia, assimila le valute virtuali a quelle estere.

Inoltre, ai fini IVA, inquadrando le criptomonete come una valuta vera e propria, si applicano le regole IVA del settore. Sul punto, l’art. 10, comma 1, D.P.R. n. 633/1972 dichiara esenti dall’imposta “le operazioni relative a valute estere aventi corso legale e a crediti in valute estere, eccettuati i biglietti e le monete da collezione e comprese le operazioni di copertura dei rischi di cambio”.

Ai fini dell’imposizione diretta, i ricavi o costi derivanti dalle differenze tra i costi di acquisto sostenuti dall’operatore e quelli applicati al cliente costituiscono componenti positive o negative rientranti nell’attività caratteristica di intermediazione e dunque concorrono alla formazione della base imponibile IRES e IRAP.

Ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche, invece, la risposta a interpello n. 788 del 2021 qualifica la plusvalenza quale reddito diverso di natura finanziaria ex art. 67 TUIR e quindi soggetto a un’imposta sostitutiva del 26%, qualora riguardi:

  • cessione “a pronti” di valute virtuali ovvero un trasferimento a terzi con effetti immediati quando la giacenza di tutti i wallet del contribuente superi un controvalore di 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta (DRE Lombardia n. 956-39/2018);
  • cessione “a termine” di valute virtuali ovvero uno scambio avente finalità speculative che assume valori a termine di valute come riferimento per la determinazione del corrispettivo;
  • prelievo di valute virtuali dal wallet, qualora la giacenza di tutti i wallet del contribuente superi un controvalore di 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta; il prelievo dai wallet è equiparato ad una cessione a titolo oneroso.

Sempre con riferimento alle criptovalute detenute da persone fisiche, nella risposta ad interpello n. 397 del 1° agosto 2022, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che il trasferimento di criptovalute da un wallet a una piattaforma diversa non rappresenta un evento realizzativo. La plusvalenza andrà dichiarata nel quadro RT del modello Redditi PF e, ai fini del calcolo della stessa, è necessario utilizzare il metodo LIFO (Last In First Out), per effetto del quale si considerano cedute per prime le criptovalute acquistate in data più recente.

Al contrario, la sola detenzione della valuta virtuale assume rilievo ai fini dell’adempimento degli obblighi di monitoraggio fiscale.

Cosa prevede la legge di Bilancio 2023?

In primo luogo, le cripto-attività vengono incluse in modo esplicito nell’ambito del quadro impositivo sui redditi delle persone fisiche.

Si inserisce in particolare nell’art. 67, comma 1, TUIR una nuova categoria di “redditi diversi ” costituita dalle plusvalenze e dagli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominata, archiviata o negoziata elettronicamente su tecnologie di registri distribuiti o tecnologie equivalenti, non inferiori complessivamente a 2.000 euro nel periodo d’imposta (in luogo dei precedenti 51.645,69 euro detenuti in criptovalute).

In secondo luogo, si definiscono le plusvalenze realizzate su cripto-attività e si consente di portare in deduzione dalle plusvalenze le minusvalenze relative a operazioni aventi a oggetto cripto- attività realizzate fino alla data di entrata in vigore della legge.

Inoltre, viene modificata ancora la disciplina dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri redditi, configurando i tre diversi regimi della “dichiarazione “, del “risparmio amministrato” e del “risparmio gestito“.

La legge di Bilancio modifica, altresì, il D.L. n. 167/1990, che disciplina la rilevazione a fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l’estero di denaro, titoli e valori, includendovi i riferimenti alle cripto-attività e ai prestatori di servizi di portafoglio digitale.

Per le persone giuridiche, si stabilisce come i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione delle cripto-attività alla data del 31 dicembre 2023 non concorrono alla formazione del reddito ai fini dell’IRES e dell’IRAP.

In aggiunta, si consente di determinare, per il calcolo delle plusvalenze e minusvalenze, il valore di acquisto delle cripto-attività possedute alla data del 1° gennaio 2023 a condizione che il predetto valore sia assoggettato a un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, nella misura del 14%.

Per i contribuenti che non hanno indicato nella propria dichiarazione la detenzione delle cripto-attività e i redditi derivati dalle stesse, si prevede la possibilità di regolarizzare la propria posizione presentando un’apposita dichiarazione e versando la sanzione per l’omessa indicazione nonché, nel caso in cui le cripto-attività abbiano prodotto reddito, un’imposta sostitutiva in misura pari al 3,5% del valore delle cripto-attività detenute al termine di ogni anno o al momento del realizzo.

Infine, si prevede l’applicazione dell’imposta di bollo ai rapporti aventi ad oggetto le cripto-attività nella misura del 2 per mille annui del relativo valore.

Cosa prevede MiCAR?

Mediante MiCAR si effettua una distinzione tra le c.d. stablecoins, legate a un valore “sottostante” o il cui valore è reso stabile tramite il legame a una valuta avente corso legale, e tutte le altre cripto-attività, come ad esempio quelle decentralizzate del tipo bitcoin:

  • per le stablecoins viene previsto un regime autorizzativo e l’assoggettamento a una serie di requisiti anche di natura prudenziale;
  • per le altre cripto-attività non è, invece, previsto un regime di autorizzazione e supervisione; esse possono non essere associabili a un soggetto centralizzato identificabile e quindi assoggettabile ad autorizzazione e regolamentazione. MiCAR ne regola comunque l’eventuale offerta al pubblico e l’ammissione alle negoziazioni (con obblighi di disclosure e di condotta).

Infine, MiCAR disciplina altresì i servizi relativi all’impiego di cripto-attività (servizi di cambio, custodia e negoziazione), che potranno essere offerti dai crypto-asset service providers (CASP), appositamente autorizzati ai sensi del Regolamento. I fornitori di tali servizi saranno destinatari di requisiti prudenziali e organizzativi simili a quelli previsti per gli intermediari tradizionali, nonché di specifici obblighi comportamentali nei confronti della propria clientela.