I criteri ESG sono il nuovo driver aziendale, che sta attraversando e informando l’attuale dibattito politico, economico e sociale, e che plasmerà il nuovo modo di fare azienda.
L’impatto ambientale e sociale e la governance responsabile, nati come sentiment etico e sociale, sono ormai maturati sino a diventare vere e proprie regole di diritto: i criteri per finanziamenti e investimenti, così come l’amministrazione delle società per azioni quotate in borsa, sono oggi chiamati a fare i conti con una serie di norme di soft law che, lette correttamente nel contesto socio-economico e nell’ottica long-term, impongono di ampliare la vision aziendale e di predisporre quegli strumenti che garantiscano alle imprese di arrivare pronte per il mercato e il diritto di domani.
Alcuni dati ci aiutano a capire lo scenario che si sta schiudendo davanti a noi:
- quasi il 50% dei consumatori crede che le aziende non stiano facendo abbastanza per riciclare, riutilizzare e ridurre i rifiuti;
- il 44% dei consumatori nell’ultimo anno ha aumentato la spesa presso le aziende alimentari che si concentrano su riciclaggio, riutilizzo e riduzione degli sprechi;
- il 50% dei consumatori italiani sono pronti a sostenere i brand che investono nell’economia circolare, con investimenti e acquisti presso le aziende virtuose.
(Fonte dati: IlSole24Ore lun 15 nov 2021).
Ormai quotidianamente vengono sfornati sondaggi che confermano l’aumento di questa tendenza. La prospettiva della c.d. sostenibilità non si esaurisce però col tema dell’ambiente.
Ormai è diventata oggetto d’interventi legislativi, per lo più sotto forma di obblighi di informazione relativi ai fattori ESG: parametri che, da un lato, sono già obbligatori nel mondo finanziario e che impongono di assegnare la priorità agli investimenti nelle imprese che vi si sono adeguate; e che, dall’altro, sono diventati lo strumento con cui le aziende possono godere di vantaggi fiscali e contributivi. È quindi arrivato il momento di uscire dall’ottica della buona volontà e della promozione, e cominciare a vedere e gestire la sostenibilità come rischio: il che, naturalmente, richiede che, in quanto rischio, sia adeguatamente affrontato sotto il profilo finanziario e come opportunità d’investimento, entrando a buon diritto nella dimensione strategica e di sviluppo dell’impresa. La responsabilità d’impresa – sociale e finanziaria – sta insomma assumendo nuove connotazioni.
La sostenibilità e il rispetto per l’ambiente (naturale, sociale ed economico) in cui l’azienda opera diventano il modo in cui l’impresa è chiamata a esercitare la sua attività economica organizzata (art. 2082 c.c.), e fanno parte a pieno titolo in quel dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile che si riveli adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa (art. 2086 c.c.).
Fortunatamente esistono già molti strumenti legali che le imprese possono adottare o migliorare per gestire il rischio e fare della sostenibilità il nuovo modo di rendere profittevole la propria attività economica.
Si tratta, ad esempio, di irrobustire il mog previsto dal d.lgs. 231/2001; di introdurre il lavoro agile della L 81/2017; di avvalersi degli strumenti e degli sgravi contributivi della c.d. parità salariale; di applicare in maniera avveduta e intelligente le regole assuntive previste dallo Statuto dei lavoratori; di prevedere strumenti di conciliazione lavoro/famiglia; di prevedere un piano di welfare aziendale, di cui beneficiare anche secondo le previsioni del TUIR.
Alcune applicazioni pratiche:
CRITERIO E
– gestire l’impatto ambientale
– smart working ibrido
– economia circolare
– riduzione degli sprechi alimentari nella mensa aziendale
– eliminazione degli utensili usa e getta
CRITERIO S
– migliorare l’impatto sociale
– attenzione alle condizioni di lavoro
– welfare aziendale
– conciliazione lavoro/vita privata
– parità di genere e salariale
– diversity management
CRITERIO G
– governance responsabile
– meritocrazia
– etica retributiva
– diversity nel cda
– contrasto a ogni forma di corruzione.