E-commerce: operazioni IVA più semplici da luglio 2021

Tributario​

Recentemente lo sviluppo dell’e-commerce si è rivelato rapido e inarrestabile; tuttavia, parallelamente la normativa, tanto a livello nazionale quanto internazionale, è in forte ritardo e si è, quindi, creato un gap a livello legislativo e fiscale che genera notevole confusione.
Anzitutto, va chiarito che per commercio elettronico si intende lo svolgimento di attività commerciali e di transazioni di beni e servizi per via elettronica che possono riguardare lo scambio di prodotti o servizi tra imprese, vale a dire business to business (B2B) oppure tra un’impresa e un consumatore finale ovverosia business to consumer (B2C).
Schematizzando, il commercio elettronico si distingue tra diretto e indiretto. La prima ipotesi ricorre quando tutte le fasi che portano alla conclusione del contratto, dall’individuazione del fornitore e del prodotto o servizio alla sua consegna e pagamento, avvengono in forma digitale. Questa procedura è riservata a prodotti e servizi immateriali (software, e-book, musica, traduzioni, immagini, giochi, ecc.). Si configura, invece, il commercio elettronico indiretto quando almeno una delle fasi che portano alla conclusione del contratto avviene con modalità tradizionali (ad esempio, consegna), come nel caso di Amazon, eBay ecc.

PRINCIPI GENERALI

In via generale, ai sensi dell’art. 1 del D.P.R. 633/1972, l’IVA si applica sulle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato, mentre l’art. 7 stabilisce cosa si deve intendere per territorio dello Stato; ovviamente l’individuazione del territorio di competenza è agevole se il bene non viene trasportato o spedito. L’art. 31 della Direttiva n. 112 del 2006 relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, stabilisce infatti: “Si considera come luogo della cessione, se il bene non viene spedito o trasportato, il luogo dove il bene si trova al momento della cessione”.
Quindi, quando un bene che si trova nel territorio sia stato importato da un Paese UE o non UE o prodotto nel territorio dello Stato, viene ceduto da un operatore commerciale si configura la fattispecie di un’operazione IVA, che può generare il diritto al recupero dell’imposta pagata se il cessionario è un altro operatore commerciale.
Diversamente, per le prestazioni di servizi fino al 2010 (D.Lgs. 11 febbraio 2010, n. 18) valeva il principio della sede del prestatore del servizio. Questa regola ora vale solo per le prestazioni eseguite nei confronti di un committente non soggetto passivo, mentre se il committente è un soggetto passivo IVA, questa sarà dovuta nello Stato in cui egli ha la residenza fiscale, con alcune eccezioni (artt. 7 da quater a septies).

LE OPERAZIONI DI COMMERCIO ELETTRONICO DIRETTO

Passando dallo scambio tradizionale al commercio elettronico, è necessario riconsiderare i principi sopra espressi, soprattutto con specifico riferimento al commercio elettronico diretto.
Anzitutto, il Regolamento di esecuzione UE n. 282/2011 del Consiglio del 15 marzo 2011, recante disposizioni di applicazione della richiamata Direttiva 2006/112/CE, fornisce l’elenco dei servizi prestati tramite mezzi elettronici (ad esempio, la fornitura di prodotti digitali in generale, compresi software, loro modifiche e aggiornamenti) e di quelli che ne sono esclusi (ad esempio, i servizi di radiodiffusione e di televisione, i giochi su CD-ROM).
In secondo luogo, al fine di considerare effettuate nel territorio dello Stato le prestazioni di servizi (e tali sono anche i servizi elettronici) la norma generale di cui all’art. 7 ter del D.P.R. 633/1972 considera attraente il domicilio o la residenza del prestatore.
Tuttavia, ben presto l’UE si è resa conto che tale regola generale consentiva al prestatore di servizi elettronici, residente o domiciliato all’estero, di sfuggire all’imposizione fiscale; quindi, la Direttiva 2002/38/CE ha stabilito che il luogo dell’imposizione delle prestazioni di commercio elettronico diretto è il luogo in cui il servizio viene effettivamente fruito ed in particolare:

– per le prestazioni B2B sarà il luogo in cui è ubicata la sede dell’impresa committente; si farà, quindi, ricorso al meccanismo del reverse charge (mentre per i committenti extra UE l’operazione sarà non imponibile) e la prestazione dovrà sempre essere fatturata;

– per le prestazioni B2C sarà il domicilio o la residenza del fruitore (D.Lgs. 31 marzo 2015, n. 42).
La prestazione di un servizio elettronico ad un consumatore finale, residente o domiciliato in un altro Paese UE, pertanto, dal 1° gennaio 2015 obbliga il prestatore a identificarsi nello Stato di residenza o domicilio del consumatore per assolvere agli adempimenti legati al versamento dell’IVA.

Infine, dal 1° gennaio 2019, per le operazioni di commercio elettronico diretto è stato introdotto un valore soglia di euro 10.000. Ciò significa che tutti i prestatori che superano tale limite, per operazioni di commercio elettronico nei confronti di privati consumatori residenti o domiciliati in altro Stato UE, devono identificarsi in detto Stato e applicare l’IVA ivi in vigore.
Tuttavia, l’identificazione per ogni singolo Stato, che richiede notevoli oneri, può essere evitata grazie all’introduzione del Portale Telematico denominato “Mini one Stop Shop” o “Mini Sportello Unico” (MOSS). A tale portale possono ricorrere tutti i prestatori di servizi elettronici stabiliti in un Paese UE o extra UE.

LE OPERAZIONI DI COMMERCIO ELETTRONICO INDIRETTO

Quanto ai beni tangibili, dal momento che, in ragione della loro fisicità, non possono esaurire totalmente il ciclo commerciale mediante la rete, è necessario anche in questo caso operare la distinzione tra operazioni B2B e prestazioni B2C:

– per le prestazioni B2B: si applica il principio generale della territorialità (artt. 7 e 7 bis del D.P.R. 633/1972); di conseguenza, le operazioni saranno soggette ad IVA in Italia se la cessione è effettuata nel territorio dello Stato. Diversamente, la prestazione potrà essere una cessione intracomunitaria o un’esportazione, per la quale sarà necessario provare l’uscita dal territorio doganale UE;

– per le prestazioni B2C: in questa ipotesi non è obbligatoria né l’emissione della fattura, né tantomeno dello scontrino fiscale (se non è richiesto dal cliente). Tuttavia, il cedente deve riuscire a dimostrare le operazioni effettivamente effettuate. Con riferimento alle cessioni B2C ad un consumatore residente o domiciliato in Italia vale sempre la regola generale della territorialità, pertanto l’operazione sarà soggetta ad IVA in Italia, mentre per le cessioni di beni negli altri Paesi dell’UE, le operazioni di commercio elettronico indiretto sono considerate vendite “a distanza”.

Attualmente l’operazione B2C intracomunitaria di e-commerce indiretto è soggetta ad IVA nel Paese di destinazione (art. 7 bis D.P.R. 633/1972) in cui il cedente ha l’obbligo di identificarsi dal punto di vista fiscale, salvo che le cessioni complessivamente effettuate in quel Paese siano inferiori ai limiti ivi previsti dalla legislazione vigente; in questo caso l’IVA può essere assolta in Italia. Nell’ipotesi in cui in uno Stato il venditore superi il limite complessivo di vendite stabilito, quest’ultimo ha l’obbligo di identificarsi in quello Stato, richiedendo una partita IVA e versando l’imposta nel Paese di destinazione del bene.
Diversamente, con riferimento alle cessioni B2C a soggetti extra UE, l’operazione è non imponibile (come, del resto, tutte le operazioni di esportazione), ma sarà sottoposta a dazi e imposte doganali nel Paese di destinazione; parallelamente, le cessioni da uno Stato extra UE a uno Stato UE saranno considerate importazioni e quindi soggette a dazi e IVA al momento dell’immissione in libera pratica nel nostro Paese o in altro Paese UE.

LE NOVITÀ A PARTIRE DAL 1° LUGLIO 2021 E IL SISTEMA OSS

Per quanto riguarda, invece, le norme che entreranno in vigore dal prossimo 1° luglio 2021 e con esclusivo riferimento ai rapporti B2C all’interno dei paesi UE, tali novità daranno luogo, in sintesi, alle seguenti rettifiche alla disciplina attuale:

– non si applicherà più la disciplina delle “vendite a distanza” ma si applicherà il criterio generale secondo cui le operazioni di commercio elettronico indiretto saranno territorialmente rilevanti nel Paese UE di destinazione dei beni (e quindi nel paese in cui risiede l’acquirente privato);

– saranno eliminate le attuali “soglie di protezione” e sarà introdotta un’unica soglia di € 10.000 su base annuale comune a tutti gli Stati Membri, al di sotto della quale le operazioni saranno rilevanti ai fini IVA nel Paese del cedente;

– se la predetta soglia comune sarà superata nel corso dell’anno, si applicherà il principio generale (ovvero tali operazioni si considereranno territorialmente rilevanti ai fini IVA nel Paese UE di destinazione dei beni);

– i cedenti che ricorrono al commercio elettronico indiretto potranno optare per la procedura semplificata MOSS, già richiamata per le operazioni di e-commerce diretto, che verrà rinominata OSS “One Stop Shop”.

DAL MOSS NON-UE ALL’OSS NON-UE

Possono accedere al regime OSS non-UE tutti i soggetti passivi non stabiliti nella UE che prestano servizi B2C, mentre possono optare per l’OSS UE i soggetti passivi stabiliti nella UE che prestano servizi B2C, nonché i soggetti passivi stabiliti e non stabiliti nella UE che effettuano vendite a distanza intracomunitarie di beni e vendite interne facilitate dalle piattaforme elettroniche.
Con la modifica dell’art. 74-quinquies del D.P.R. n. 633/1972, i soggetti passivi che accedono al regime OSS non-UE, per tutti i servizi B2C rientranti nel regime, sono esonerati dagli obblighi di fatturazione, registrazione e dichiarazione IVA annuale, sostituiti da un’apposita dichiarazione trimestrale da presentare non più entro il giorno 20 del mese successivo a ciascun trimestre, ma entro la fine del mese successivo alla scadenza del trimestre. La dichiarazione può essere rettificata con una dichiarazione successiva, da presentare entro tre anni, che indichi il pertinente Stato membro in cui la prestazione di servizi si considera effettuata, il periodo d’imposta e l’importo dell’imposta in relazione ai quali sono richieste le modifiche.

DAL MOSS UE ALL’OSS UE

Il regime OSS UE è applicabile ai servizi resi nella UE nei confronti di privati consumatori, alle vendite a distanza intracomunitarie di beni, anche se facilitate da piattaforme online, e alle cessioni di beni con partenza e arrivo della spedizione o del trasporto nel territorio dello Stato facilitate tramite l’uso di interfacce elettroniche.
In base al riformulato art. 74-sexies del D.P.R. n. 633/1972, mentre per i servizi B2C possono accedere al regime OSS UE solo i soggetti stabiliti nello Stato, per le vendite a distanza intracomunitarie possono accedere al regime sia i soggetti stabiliti nello Stato che i soggetti extra-UE. Per le vendite domestiche facilitate da piattaforme, invece, il venditore sottostante deve essere necessariamente un soggetto extra-UE e, infine, non sono inclusi nel regime i servizi resi nel territorio dello Stato a privati consumatori.
Come per il regime OSS non-UE, anche nel regime OSS UE opera l’esonero dagli obblighi di fatturazione, registrazione e dichiarazione IVA annuale, dovendo essere presentata soltanto una dichiarazione trimestrale ed eventuali rettifiche vanno effettuate in una dichiarazione successiva.

Concludendo, in sostanza, a seguito della riforma, il MOSS verrà applicato anche alle cessioni dei beni. Ciò significa che l’imprenditore italiano che voglia vendere in tutta Europa non avrà più l’onere, superate le soglie che decadranno, di identificarsi in tutti i paesi in cui vende, ma potrà utilizzare il MOSS. Questo sistema gli consentirà di applicare a ciascuno dei suoi clienti in tutta Europa l’aliquota IVA locale di ciascun consumatore finale versando l’importo direttamente all’Agenzia delle Entrate italiana.
Il vantaggio, quindi, di utilizzare il nuovo regime è, indubbiamente, la semplificazione, dal momento che è possibile evitare di assolvere gli obblighi IVA in ciascuno Stato Membro di consumo.