Di chi è la proprietà dell’immobile acquistato da uno solo dei coniugi dopo la separazione personale?

Diritto Civile

Al fine di rispondere al quesito posto occorre in via preliminare rilevare che la separazione personale dei coniugi costituisce ai sensi dell’art. 191 co.2 cc causa di scioglimento della comunione legale; pertanto, dopo la separazione ogni acquisto effettuato personalmente da uno dei due coniugi rimarrà ricompreso esclusivamente nel patrimonio del coniuge che lo ha effettuato, senza giovare all’altro.

Sul punto, la giurisprudenza si è ampiamente espressa e, tra le molte pronunce che si potrebbero qui richiamare, significativa risulta essere la recente sentenza della Corte di Cassazione n.376 del 13 gennaio 2021, n. 376. Con questa pronuncia la Suprema Corte si è conformata al principio ormai consolidato per cui non diviene di proprietà comune dei due coniugi l’immobile acquistato da uno solo di essi dopo la loro separazione personale, costituendo quest’ultima causa di scioglimento della comunione legale con la decorrenza prevista ex art. 191 co.2 cc.

Riportiamo qui per completezza la massima della sentenza sopracitata:

“Nei rapporti tra i coniugi in regime di comunione legale di beni, dal combinato disposto degli artt.2659 c.c., comma 1 e art. 191 c.c., commi 1 e 2, si ricava che non diviene di proprietà comune l’immobile acquistato da uno solo di essi dopo la loro separazione personale, quest’ultima costituendo causa di scioglimento della comunione medesima con la decorrenza prevista dall’art. 191 c.c., comma 2. Invece, per l’opponibilità ai terzi dei descritti effetti dello scioglimento della comunione legale derivante dalla separazione personale dei coniugi, relativamente all’acquisto di beni immobili o mobili registrati, avvenuto con dichiarazione del coniuge acquirente dello stato di separazione, deve considerarsi necessaria e sufficiente la sola trascrizione nei registri immobiliari recante la corrispondente indicazione (cioè l’esistenza di un regime patrimoniale di separazione dei beni), indipendentemente dall’annotazione del provvedimento di separazione a margine dell’atto di matrimonio.”.

Il quadro sopra delineato può, tuttavia, essere messo in crisi dal verificarsi di una delle circostanze che parte della dottrina definisce come “patologiche”: la riconciliazione coniugale e la morte dell’ex coniuge separato senza addebiti.

Per quanto concerne la prima circostanza– id est la riconciliazione coniugale – il Tribunale di Trento, con sentenza n. 573 del 30 maggio 2016, ha stabilito che in regime di comunione legale il bene acquistato dal coniuge, tornato a convivere con la moglie/marito dopo l’omologa della separazione consensuale, si considera nuovamente in comunione, questo in quanto la ripresa della vita familiare determina la cessazione degli effetti della pronuncia giudiziale.

La seconda circostanza ha invece natura successoria. Sino al divorzio il coniuge – separato senza addebito – è infatti erede legittimo. L’eredità verrà, quindi, divisa in concorso tra il coniuge superstite e gli altri eredi in base a quanto stabilito in un eventuale testamento o, in mancanza, secondo le regole del Codice civile. Nel caso di specie, l’immobile che andrà ad acquistare la signora Bendinelli non può ritenersi, in via generale, escluso dall’asse ereditario.