Appalti Pubblici e Coronavirus: è possibile la revisione del contratto – e dei prezzi – “causa” Covid-19?

Amministrativo e appalti​

Il dilagare dell’epidemia da Covid-19 ha avuto una notevole incidenza sul mercato, determinando, tra le altre cose, l’aumento progressivo dei prezzi di molti materiali, con un sensibile incremento, quindi, dei costi che società ed imprese impegnate nell’esecuzione degli appalti, anche pubblici, si trovano a dover affrontare.
Non è raro, infatti, riscontrare sulle lavorazioni appaltate, progressivi ed imprevisti aumenti di costi e spese, gravanti esclusivamente sulle esecutrici delle opere.
È tuttavia necessario, d’altro canto, che la committente tenga conto della straordinarietà della situazione contingente, ed in particolare delle ripercussioni assolutamente imprevedibili che la pandemia sanitaria sta determinando sul mercato.
Sul punto è recentemente intervenuta anche l’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) a sollecitare il Governo con un urgente intervento normativo diretto ad introdurre meccanismi di revisione prezzi al fine di adeguare i contratti che non risultano più economicamente sostenibili e scongiurare un “rischio di un blocco generalizzato degli appalti”.
Se solitamente tale problema negli appalti privati viene risolto mediante il ricorso all’autonomia contrattuale delle parti, nel settore pubblico diventa sempre più importante capire come intervenire ed in particolare se sia o meno possibile procedere ad una vera e propria revisione contrattuale “causa Covid-19”.
La questione si pone su due piani:
1. Ex ante: si possono introdurre prima della stipulazione del contratto clausole espresse che consentano di chiedere la revisione contrattuale in aumento dei prezzi e/o costi di materiali e manodopera qualora ciò si renda necessario nel corso dell’esecuzione della prestazione?
2. Ex post: e se il contratto nulla prevede? Si può chiedere l’eventuale sovrapprezzo dopo, quando l’esecuzione dell’opera è già in essere?
In via generale la risposta ad entrambi i quesiti è positiva e ciò in forza di un presupposto comune agli appalti pubblici e privati: l’appaltatore è un soggetto abituato ad agire sul mercato, in grado di assumersi il rischio di impresa nell’esibizione dei prezzi al momento della presentazione dell’offerta e di operare una pre-valutazione sulle possibili fluttuazioni del sistema economico; tuttavia, è chiaro che, nel formulare la proposta tiene sempre conto del contesto, economico, sociale, ecc., esistenti al momento della gara o della stipula del contratto, in forza del principio rebus sic stantibus. Per tale motivo l’appaltatore è tenuto a rispettare le obbligazioni contrattuali entro i limiti esistenti al momento in cui formula la sua offerta e tenendo conto della normale alea del contratto.
È tuttavia evidente che, per quanto un imprenditore possa essere lungimirante ed esperto, mai avrebbe potuto prevedere quanto sta accadendo a causa della pandemia mondiale, e soprattutto le conseguenze che la stessa sta avendo sull’economia globale. Queste sono assolutamente inaspettate e la loro portata del tutto fuori dall’ordinario: di ciò occorre tenere conto a prescindere da quanto originariamente stabilito sui documenti di gara e sul contratto.
L’epidemia da Covid-19 è da considerarsi a tutti gli effetti una straordinaria causa di forza maggiore, trattandosi di un evento eccezionale ed imprevedibile e sul punto, a parere della giurisprudenza maggioritaria, è sempre possibile la “revisione del piano economico […] quando legata a eventi straordinari e imprevedibili, che vadano oltre alle semplici fluttuazioni del mercato e al rischio proprio e normale in capo al concessionario” (Consiglio di Stato, sentenza n. 3653/2016). Ovviamente, oltre che per le concessioni, tale inquadramento vale anche per gli appalti pubblici.
– È pertanto coerente, per l’appaltatrice, chiedere ex ante l’inserimento di una clausola contrattuale che preveda espressamente la possibilità di ottenere in suo favore la revisione del corrispettivo pattuito nell’ipotesi in cui i prezzi di materiali ed attrezzature aumentino nel corso del rapporto contrattuale a causa delle fluttuazioni di mercato determinate dall’incedere della pandemia da Covid-19.
Affinché la clausola non diventi sperequativa per la committente, tuttavia, pare opportuno inserire un limite percentuale di aumento dei prezzi per la stessa accettabile.
– Nell’ipotesi in cui tale clausola non sia stata espressamente pattuita ex ante, è possibile chiedere alla committente l’instaurazione di una trattativa finalizzata alla rinegoziazione del contratto già in essere, dal momento che l’appalto deve proseguire in condizioni non solo di sicurezza ma anche di sostenibilità economica per tutti.
La committente, infatti, non può non tener conto dei rallentamenti dell’intero sistema produttivo nazionale e internazionale e delle conseguenti difficoltà negli approvvigionamenti di materie prime, materiali e mezzi d’opera, se impongono maggiori oneri per l’appaltatore.
A sostegno della legittimità e fondatezza di tali richieste si pongono alcune disposizioni normative, di natura pubblicistica e privatistica.
L’art. 106 Codice Appalti che disciplina la “Modifica di contratti durante il periodo di efficacia”, prevedendo al co. 1 la possibilità della revisione dei prezzi e consentendo, in sostanza, una rinegoziazione contrattuale.
La lett. a) di tale co. 1 stabilisce che “Le modifiche […] dei contratti di appalto in corso di validità devono essere autorizzate dal RUP con le modalità previste dall’ordinamento della stazione appaltante cui il RUP dipende. I contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento nei casi seguenti: a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi. Tali clausole fissano la portata e la natura di eventuali modifiche nonché le condizioni alle quali esse possono essere impiegate, facendo riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi standard, ove definiti. Esse non apportano modifiche che avrebbero l’effetto di alterare la natura generale del contratto o dell’accordo quadro”. In ogni caso e comunque, aggiunge la norma: “Per i contratti relativi ai lavori, le variazioni di prezzo in aumento o in diminuzione possono essere valutate, sulla base dei prezzari di cui all’articolo 23, comma 7 , solo per l’eccedenza rispetto al 10% rispetto al prezzo originario e comunque in misura pari alla metà […]”.
In primo luogo, quindi, è necessario accertare se i documenti di gara prevedano o meno “clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi”: situazione sempre più frequente oggi.
Lì dove nulla prevedano invece i documenti di gara, si inserisce il limite stabilito dall’articolo in questione (per gli appalti di lavori “le variazioni di prezzo in aumento o in diminuzione possono essere valutate, solo per l’eccedenza rispetto al 10% rispetto al prezzo originario e comunque in misura pari alla metà”).
Il principio sotteso a tale previsione è che nell’ipotesi di variazione del contesto e/o delle condizioni iniziali non possano essere trasferiti all’appaltatore rischi diversi da quelli che lo stesso si è assunto al momento della stipulazione del contratto. Diversamente, la prestazione allo stesso richiesta diverrebbe eccessivamente onerosa a causa di eventi sopravvenuti, trovando applicazione l’art. 1467 c.c.
Come noto, infatti, anche ai contratti pubblici si applicano le norme del codice civile, e tra queste l’art. 1467 c.c. secondo il quale se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari ed imprevedibili, la parte che deve eseguirla può domandare la risoluzione del contratto. La stessa norma consente inoltre all’appaltatore di chiedere alla committente, qualora ne ricorrano i presupposti, l’adeguamento del contratto. In concreto: se a causa degli eventi sopravvenuti (es. pandemia da Covid-19 che ha determinato l’aumento dei prezzi) si supera l’alea normale del contratto, l’appaltatore può richiederne la risoluzione (art. 1467, co. 1), che la committente può evitare offrendo di modificare equamente le condizioni contrattuali per riequilibrarlo.
L’ottenimento di una modifica contrattuale al contratto già stipulato è possibile altresì facendo ricorso all’art. 106, co. 1 lett. c). Tale norma, attinente alle varianti in corso d’opera, consente una modifica contrattuale “ove siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni, fatto salvo quanto previsto per gli appalti nei settori ordinari dal comma 7 : a) la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste e imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice o per l’ente aggiudicatore. In tali casi le modifiche all’oggetto del contratto assumono la denominazione di varianti in corso d’opera. Tra le predette circostanze può rientrare anche la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti; 2) la modifica non altera la natura generale del contratto”.
Sebbene sia stata dettata per soddisfare esigenze diverse, la disciplina in questione potrebbe essere interpretata estensivamente e funzionalmente al riconoscimento in favore dell’appaltatore di quelle modifiche esecutive che siano diretta conseguenza dell’emergenza sanitaria in corso. Si tratta, di una utilizzabilità residuale, ma sfruttabile per “giustificare” comunque le modifiche contrattuali richieste: esigenza primaria è quella di riportare il contratto ad equità e tale istituto consente di intervenire sull’accordo per rimodulare o rinegoziare la misura delle prestazioni.
Unitamente alla previsione dell’art. 1467 c.c., un’altra ipotesi di rinegoziazione contrattuale prevista dal codice civile, proprio in materia di appalti, è disciplinata all’art. 1664 c.c. Tale norma consente all’appaltatore e al committente di rinegoziare il costo dei materiali e della manodopera qualora circostanze imprevedibili abbiano provocato un aumento o una diminuzione del loro costo superiore al 10% del prezzo complessivo convenuto. In tal caso le parti possono rivedere le condizioni dei rapporti contrattuali di durata laddove eventi eccezionali sbilancino gli assetti originariamente previsti.
Il co. 2 dell’art. 1664 c.c. stabilisce inoltre che qualora la prestazione diventi notevolmente più onerosa per cause geologiche, idriche e simili, l’appaltatore ha diritto a un equo compenso: in particolare proprio questo comma risulta applicabile all’attuale situazione pandemica emergenziale, ove richiama le “difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti, che rendano notevolmente più onerosa la prestazione dell’appaltatore”. Secondo la giurisprudenza più recente, di merito e di legittimità, infatti, tale fattispecie si attaglia bene alla crisi epidemiologica in corso, dal momento che l’attuale situazione è un fenomeno naturalistico, e non umano, in grado di modificare le condizioni generali del contratto.
La possibilità di accordarsi con la committenza per l’inserimento di una esplicita clausola contrattuale sulla falsariga del contenuto delle previsioni di cui agli artt. 1467 e 1664 c.c., è fondata anche in forza dei principi di leale collaborazione e buona fede contrattuale (artt. 1175 e 1375 c.c.), al cui rispetto le parti sono obbligate non solo nella fase esecutiva del contratto, ma anche anteriormente alla stipula.
Il ricorso allo strumento della revisione dei prezzi, sia anteriormente che dopo la stipulazione del contratto pare quindi assolutamente valido, e la formalizzazione contrattuale di una clausola in tal senso, motivata dalla “circostanza imprevista e imprevedibile” dell’emergenza sanitaria Covid-19 pienamente legittima.
In conclusione, sono due le modalità con cui è possibile intervenire quindi su un contratto pubblico al fine di ottenerne una revisione “causa” Covid-19:
Prima della sua stipulazione, intavolando una trattativa tra le parti volta all’inserimento di clausole contrattuali dirette a riequilibrare l’accordo nell’ipotesi in cui diventi sperequativo per una di loro (l’appaltatore) nel corso dell’esecuzione della prestazione.
Dopo la stipulazione e nel corso dell’esecuzione del contratto, mediante il ricorso agli articoli del Codice dei Contratti Pubblici (art. 106, co. 1 lett. a) e c) D.lgs 50/2016) e alle disposizioni del codice civile (artt. 1175, 1375, 1467 e 1664 c.c.) per sollecitare – ove possibile tenendo conto delle già sottoscritte clausole contrattuali e delle previsioni dei documenti di gara – la committenza ad una revisione ex post dell’accordo.